Il turbante, comprato già confezionato o riprodotto con foulard, è un alleato per la bellezza femminile in chemioterapia. E’ un accessorio moda antico che ha saputo mantenere eleganza e un pizzico di mistero nel corso dei secoli. In tanti modi, infatti, è stato aggiornato e impreziosito a seconda degli stili e dettami della moda negli anni.
Quindi, non è un semplice copricapo d’emergenza per quando si affronta la chemioterapi. E’ un modo elegante o sbarazzino per arricchire un look sia durante le terapie ma anche prima o dopo.
TURBANTE AFRO
In questo video tutorial ti mostriamo 4 diversi e semplici modi per annodare il foulard rendendolo un turbante ogni volta diverso.
TURBANTE MODELLO AFRO: perfetto per creare volume sulla corona.
TURBANTE MODELLO CHIGNON: con una treccia raccolta sulla nuca per un’acconciatuta di classe.
TURBANTE MODELLO SAINT TROPEZ: adatto con i capelli in ricrescita dopo la chemioterapia
TURBANTE MODELLO PIRATA: con una lunga coda portata di lato che aiuta otticamente a sfinare il viso quando è gonfio.
LA STORIA DEL TURBANTE: DALL’ORIENTE A NOI
Il turbante è stato avvolto tante e tante volte e ha ricoperto la testa di tanti uomini e tante donne. La sua storia sembra quasi infinita, tanto quanto tutta quella stoffa che lo ha reso popolare.
Giunse in Europa, tra il XV° e il XVI° secolo, per mezzo dei Turchi ma in Oriente solo gli uomini lo indossavano. Una volta approdato nel nostro continente, le donne lo hanno voluto e se lo sono preso. Il vizio di rubare dal guardaroba di lui divenne una consuetudine!
Foto Gaby Deslys
All’inizio del Novecento, Paul Poiret non solo liberò le donne dal busto per restituirle ad un abbigliamento più comodo, ma riformò la moda investendola di quel gusto esotico che lo rese celebre. Kaffettani e kimono, tuniche e calzoni alla turca e turbanti. Poiret ne adornò il capo delle sue modelle e delle sue clienti, impreziosendolo con piume, perle e pizzi.
Il turbante: un must della moda
Il turbante divenne poi parte del look dei gloriosi anni ’20, insieme ai capelli alla maschietta, al trucco vivace e agli abitini charleston. Ecco a voi la flapper-girl, la cui silhouette slanciata doveva essere giustamente proporzionata da copricapi non voluminosi.
Fu poi la volta degli anni ’40, e di una su tutte: Elsa Schiaparelli. La stilista che stravolse nei termini dell’irriverenza la moda internazionale, non poteva non indossare o fare indossare i turbanti in abbinamento alle sue note mise stravaganti.
Durante questo periodo l’austerità della guerra invogliò le donne a coprirsi la testa con cappelli e turbanti eleganti ed estrosi. Un modo con cui ovviare alla semplicità delle vesti o al fatto di non avere i mezzi economici per curare i capelli, che così venivano sapientemente nascosti. La scrittrice femminista Simone de Beauvoir ne fu una fervida indossatrice.
E ancora, i turbanti delle eleganti donne della buona borghesia degli anni ’50. I copricapi che arricchivano ulteriormente mise estremamente femminili, dalle gonne a ruota ai vitini da vespa ai guanti, al trucco evidente. Il turbante non faceva altro che esaltare i visi decoratissimi delle LADYLIKE di quegli anni.
Nel ritratto qui di seguito, la modella indossa un abito della collezione “anni ’40” di Yves Saint Laurent. La schiena si intravede grazie ad una profondissima scollatura coperta da pizzo nero. Sul capo, un turbante di velluto molto voluminoso nel quale sono raccolti i capelli. Il risultato è sofisticato e sensualissimo. Impariamo, ragazze, impariamo!
Infine, negli anni ’80, la donna indossò il fascinoso turbante accostandolo al noto power dress dell’epoca. “Dressed for success”, sembravano esclamassero queste nuove abitanti della giungla urbana. Agguerritissime nel tentativo di imporsi in un mondo professionale fatto di uomini, indossando giacche dalle spalle importanti e pantaloni, ingraziandoli con accessori femminili.
Chiara Mandetta – Personal Stylist, scrittrice
Ultimo aggiornamento 13/01/2018