AMORE MIO, PERCHE’ TI COMPORTI COSI’. COME LA MALATTIA IMPATTA SUI FAMILIARI

0

In questa parentesi vogliamo soffermarci sui caregiver, come compagni, e familiari stretti che sono vicini nel delicato momento delle cure oncologiche. L’intento è di soffermarci sulla loro esperienza per comprendere:

  1. come vivano la malattia della persona cara
  2. quali dinamiche possono verificarsi nella relazione a causa del tumore.

IL TUMORE: UNO TSUNAMI SU TUTTA LA FAMIGLIA

Come sappiamo, la diagnosi di tumore rappresenta, purtroppo, un momento di crisi anche per i familiari. La malattia, infatti, è un elemento stressante. Coinvolge in modo totale tutta la famiglia minacciando l’equilibrio preesistente e l’unità del sistema familiare.  Non sottovalutare questo aspetto e cercare di comprenderlo è importante.

Comprendere questo aspetto è importante. Il coinvolgimento dei familiari, infatti, è essenziale durante il periodo delle terapie. Il loro sostegno oltre ad essere fondamentale da un punto di vista psicologico, facilita una maggiore continuità e adesione alle cure.

Inoltre, il proprio caregiver, oltre ad affrontare il dolore per la diagnosi, potrebbe trovarsi ad affrontare anche una serie di cambiamenti scatenati dalla malattia. Può accadere che debba confrontarsi con tanti cambiamenti. Ad esempio:

  • il passaggio da una condizione di indipendenza ad una di dipendenza della persona cara
  • la perdita o diminuzione del suo ruolo familiare e sociale, che potrebbero comportare eventuali problemi economici
  • la necessità di introdurre nuove persone all’interno della famiglia
  • più in generale, la sensazione di precarietà del futuro.

Questo carico di stress può portare a modificare il rapporto con il proprio caregiver, specie in caso di relazione tra coniugi. A causa di tutto questo, ad esempio, la comunicazione interpersonale può essere compromessa. Si possono creare tensioni e incomprensioni legate alla fatica psicologica, alle preoccupazioni per la situazione, a paure e sentimenti repressi.

 

Che cosa prova dunque il nostro caregiver? In che modo può manifestare le proprie emozioni? Come sostenerlo? Analizziamo alcune situazioni ricorrenti.

QUANDO IL CAREGIVER NON ACCETTA LA MALATTIA

 Uno dei motivi principali che rende il rapporto complicato è la mancata accettazione della malattia da parte del familiare, per paura di perdere la persona cara.

La non accettazione della malattia si può manifestare in tanti modi. Per esempio:

  • negando le vostre necessità
  • minimizzando i vostri bisogni
  • nascondendosi dietro un atteggiamento apparentemente tranquillo
  • non facendo trasparire nessun sentimento di dolore o tristezza che invece prova.

La conseguenza di questo atteggiamento è che probabilmente non vi sentiate prese in considerazione. Ciò potrebbe generare in voi sentimenti di ansia, isolamento, sospetto e solitudine che indeboliscono il rapporto complicando il dialogo.

Quale soluzione?

Se stai vivendo questa situazione, cerca di non considerare i compotamenti del caregiver come un atteggiamento contro la tua persona.  Prova a non entrare subito in conflitto con lui/lei accusandolo/a di ciò che non sta facendo. Piuttosto prova a spiegare il modo in cui ti senti e cosa si prova nel vivere in prima persona la diagnosi.

QUANDO IL CAREGIVER SOFFRE TROPPO

In altri casi, il caregiver, non sopportando il dolore provocato dalla diagnosi o dal vedervi star male, si distanzia da voi. Ciò potrebbe accadere poichè vi vede come la rappresentazione materiale della sofferenza che prova.

Voi, di conseguenza, vi sentite trascurate e la comunicazione diventa sempre più faticosa.

Quale soluzione?

caregiver e tumoreIl caregiver ha bisogno di poter esprimere le proprie emozioni e di avere vicino qualcuno disposto ad ascoltarli.

Soprattutto se vive solo con il familiare malato (come nel caso di un coniuge), può trovare enormi difficoltà a comunicare le proprie emozioni. In particolare quando la persona malata è difficile da gestire o si chiude in un solitario silenzio. Nei momenti più critici i caregiver hanno bisogno a loro volta di sostegno.  Ciò significa più tempo libero, o di essere sostituiti temporaneamente nell’assistenza.

Se ve la sentite, incoraggiatelo ad aprirsi con voi condividendo le proprie paure e le proprie ansie. Viceversa se non ce la fate a farvi carico anche delle sue sofferenze, provate ad individuare altri membri della famigllia o operatori sanitari che possano dargli supporto.

QUANDO IL CAREGIVER NON SI SENTE ADEGUATO

Accudire un familiare colpito dal cancro è un compito che presenta molte sfide. Può essere fonte di forte stress, con conseguenze sia psicologiche, anche a lungo termine, che fisiche. La gestione pratica può essere fonte di sacrifici e difficoltà. Il familiare si può sentire inadeguato, impreparato o non capace.

Probabilmente anche il vostro familiare è una persona inesperta di assistenza che per la prima volta deve barcamenarsi in un duplice ruolo.

  • Da un lato, deve riuscire a starvi più vicino e prendersi cura di voi in un momento di difficoltà, garantendo una cura e una presenza costante.
  • Dall’altro, deve fare i conti con le proprie paure, il proprio dolore e deve affrontare le difficoltà legate all’attività di assistenza.

Chi vive una condizione di profondo stress psicofisico può vedere peggiorare lo stato generale di salute, aumentando persino la vulnerabilità a contrarre varie malattie.

Quale soluzione?

Se vi accorgete di questo sentimento provate a non giudicarlo e a fargli capire che apprezzate il suo impegno e ciò che sta facendo.

QUANDO IL CAREGIVER SI SENTE ISOLATO

caregiver e tumoreQuando sotto lo stesso tetto si vive solo in due,nel caso tipico dei coniugi, può capitare che il caregiver si trovi a provare sentimenti di solitudine e di abbandono. Non solo dal sistema di supporto sanitario, ma anche da amici e altri familiari.

Nei casi più critici in cui si passa l’intera giornata ad accudire il proprio caro, magari anche in compagnia di amici e parenti che mostrano sincera volontà di offrire supporto pratico e morale, arriva la sera che porta con sé un senso di sconforto e solitudine.

Questo senso di solitudine può anche essere il risultato di un isolamento autoimposto dallo stesso caregiver. Potrebbe, infatti, vivere con un senso di colpa ogni occasione di prendersi del tempo per sé. E in generale tutte le volte in cui delega ad altri la cura della persona cara anche se per poco tempo.

Può accadere che viva una condizione di conflitto interno tra il desiderio di scappare da casa, e il senso del dovere che lo spinge a restare, evitando ogni occasione di svago.

Quale soluzione?

E’ importante che in questi casi amici e familiari si organizzino per poter prestare un aiuto pratico al caregiver. Questo per consentirgli di prendere periodi anche brevi, lontano dai propri compiti di assistenza, così da ritornare da voi con uno spirito rinnovato.

Il rischio infatti è quello che a lungo andare, il senso di colpa si trasformi in un senso di risentimento nei vostri confronti. Questo perchè, a livello inconscio, potreste essere considerata la causa del proprio malessere.

LE POSSIBILI CONSEGUENZE SULLA COMUNICAZIONE

caregiver e tumoreIn tutte le situazioni citate, può accadere che la comunicazione si sposti su un livello più aggressivo.

Questo può essere frutto di una frustrazione profonda per la situazione. Oppure può derivare dalla rabbia e il risentimento accumulati verso la malattia ma che invece finisce per essere diretta su di voi o sul vostro caregiver.

Quando chiedete qualcosa, anche banale, e vi spazientite se non viene fatta in modo corretto o nel tempo desiderato. Probabilmente vi capiterà di attaccare, anche duramente, il vostro familiare, soprattutto il coniuge o partner, che si sentirà vostra vittima.

A questo punto la malattia passerà in secondo piano, mentre questo malinteso tra voi assumerà un ruolo preponderante. Magari vi sentirete in colpa per aver reagito male e vi sentirete vittima del vostro caregiver.

IL CONSIGLIO

Se ciò succede, dovreste riconoscere che questa dinamica aggressiva è un modo per elaborare la rabbia che si cova nei confronti della malattia. Ciò può aiutare entrambi a stemperare l’ansia e la tensione che ne scaturisce. Al tempo stesso aiuta a riportare tutto su un livello più compassionevole e di comprensione dei reciproci punti di vista.

TIRIAMO LE FILA…

Dunque, ricordate che la malattia ha un risvolto psicologico non solo su di voi ma anche sui familiari. Questa consapevolezza può migliorare molto le relazioni interpersonali. Di conseguenza anche la qualità della vita durante le fasi post diagnosi, in terapia ma anche più tardi in follow up migliora.

Non dimenticate che ogni reazione aggressiva, di isolamento, di incomprensione, di allontanamento è espressione di emozioni che si provano nei confronti della situazione che ci si trova a vivere e non è un attacco personale. Questa consapevolezza vi consentirà di trovare un terreno su cui poter comunicare i vostri bisogni senza malintesi o rancori, senza vergogna e senza sensi di colpa.

Il consiglio che mi sento di darvi è di provare il più possibile a mantenere aperto il dialogo, per non lasciare spazio a malintesi e al non detto. Laddove vi rendiate conto di non farcela da soli chiedete aiuto ad un professionista, il medico di fiducia o uno psicologo.


Maria Luisa Vampa Medico Chirurgo MA Psicoteraphy & Healing

Ultimo aggiornamento 05/11/2017

Se hai trovato utile questo articolo e desideri supportare l’Associazione e il suo lavoro, sostienici 🙂


 

Share.
Avatar

CONOSCIAMOCI MEGLIO

PROFESSIONE:
COMPETENZE: