HO AVUTO UN TUMORE. ADESSO VOGLIO L’AMORE.

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Come sarà l’amore dopo il tumore? Come sarà più giusto affrontare l’argomento con il nuovo partner? Sono tante le domande che si rincorrono nella nostra mente dopo l’esperienza del tumore. E’ per questo che, in questa parentesi, abbiamo deciso di approfondire il tema con la Dott.ssa Donini. Per analizzare i meccanismi interiori e le emozioni che possono accompagnare la nascita di nuovi legami.


 

IL CANCRO: UNA TEMPESTA DA AFFRONTARE

amore dopo il tumorePotremmo pensare al cancro come ad una violenta tempesta che irrompe all’improvviso nel viaggio della vita, obbligando a lunghe soste, cambi di direzione e paesaggi radicalmente diversi da quelli desiderati e immaginati.

Questa tempesta travolge inevitabilmente tutti gli aspetti della nostra vita e spesso anche l’amore.

Ma è quando si comincia ad osservare il percorso con uno sguardo diverso dal precedente che ci si rende conto che il nuovo viaggio è qualcosa di possibile. E soprattutto che è percorribile nonostante l’immensa fatica, la paura, l’angoscia, il timore dell’ignoto e il dolore.

E come tutti i viaggi che si rispettino, la nuova dis(avventura) prevede anche nuovi compagni di viaggio con i quali relazionarsi.

 

POSSIBILI CONSEGUENZE SULL’AMORE DOPO IL TUMORE

Per alcune di voi, la malattia può essere stata un fattore che ha consolidato e intensificato l’unione affettiva con il partner.

Per altre invece può aver amplificato le fratture portando anche all’abbandono impedendo così la stabilità e la continuità relazionale e aumentando la profondità delle ferite psicologiche.

amore dopo il tumoreDa cosa dipende? I cambiamenti indotti dalla malattia possono generare difficoltà e criticità nella comunicazione all’interno della coppia dettate:

  • dalla paura per un futuro incerto
  • dall’infertilità inattesa come una delle possibili conseguenze della patologia
  • dalla difficoltà di gestire una quotidianità completamente stravolta.

Il rapporto a volte può essere più difficile in una relazione pre-esistente se il partner non accoglie il cambiamento della persona che coinvolge il modo di pensare e di affrontare il cambiamento delle priorità’.

Quando l’abbandono non è rimasto confinato alla paura ma è diventato realtà è possibile che anche le vostre risorse nell’affrontare il percorso di malattia e le sue conseguenze, abbiano subito un indebolimento.

In altri casi, alcune di voi hanno affrontato la malattia e le terapie da single. E’ probabile che le ragazze single abbiano meno problemi a iniziare una vita amorosa. Questo perchè, una volta affrontato il confronto con la persona che erano prima del cancro e accettato il cambiamento, si porranno verso l’esterno così come sono, come persone nuove sia fisicamente che caratterialmente.

 

COSA SUCCEDE ALLA NOSTRA AUTOSTIMA?

amore dopo il tumoreGià durante le fasi di diagnosi e terapia, è talvolta inevitabile una diminuzione dell’autostima. In un primo momento questo è associato al cambiamento dell’immagine corporea e successivamente a pensieri del tipo “Chi mi vorrà ancora?” immaginando una relazione d’amore dopo il tumore.

Se durante il percorso di malattia siete passate attraverso la fine di una relazione, verosimilmente avete percepito un aumento del senso di sfiducia e la perdita di autostima. Ne consegue che la riconquista del vostro valore passa attraverso un lavoro psicologico su voi stesse e che prevede la necessità di curare soprattutto le ferite interiori.

Un percorso psicologico di supporto, che aiuti a identificare i propri bisogni per definire obiettivi e priorità può essere un valido aiuto. E sarà utile nel favorire la consapevolezza di sè e delle aree della propria vita che meritano attenzione per ritrovare il benessere.

 

C’E’ UN MOMENTO GIUSTO PER UN NUOVO AMORE DOPO IL TUMORE?

Alcune di voi mi chiedono quando sia il momento giusto per intraprendere una nuova relazione.

Non esiste una risposta universale, piuttosto ognuna di voi elaborerà un proprio tempo interno orientato alla possibilità di accogliere ed essere accolta in una nuova relazione. Ci sono donne che, per esempio, instaurano relazioni con un nuovo partner immediatamente dopo la diagnosi, altre durante le terapie guidate dal desiderio di godersi ogni minuto e occasione della vita, altre in follow up e altre ancora che non pensano minimamente ad un investimento affettivo.

La scelta dipenderà in parte:

  • dalle caratteristiche della personalità di ciascuna
  • dall’entità della sofferenza fisica e psicologica
  • ma anche dalla capacità di accogliere la relazione come un’opportunità di riappropriarsi di sé, della propria autostima e di uno spazio vitale importante.

Se da un lato, durante il follow up c’è una vera e propria ripresa di una quotidianità in cui finalmente le fasi di terapia impegnative sono ormai alle spalle, dall’altro è molto frequente che la sfiducia e la paura che hanno accompagnato il periodo precedente, continuino a rappresentare un’ombra che rende difficile mettersi in gioco in una nuova relazione.

In questa fase molte di voi stanno ancora facendo i conti con un’immagine corporea che è cambiata e in cui fanno molta fatica a riconoscersi. Per alcune c’è tendenzialmente una sorta di rifiuto e disgusto che di riflesso temono di leggere nello sguardo di un nuovo ipotetico partner.

 

IL PRIMO PASSO E’ ACCETTARSI

La possibilità di recuperare un rapporto sano e di accettazione con il proprio corpo è il primo step per ricostruire una nuova autostima. Se considerate la vostra lesione fisica come una parte di voi e non il tutto della persona, questa diventa allora un elemento insieme ad altri elementi.

Il recupero di un minimo di autostima e accettazione del vostro corpo crea la premessa per accogliere una nuova relazione con un margine di fiducia un po’ più ampio.

Ricordatevi che ora siete una persona diversa, perché la malattia vi ha portata ad un’evoluzione e i possibili partner che incontrerete vi guarderanno in modo neutro e vedranno la persona che siete ora. Il consiglio che vi do è di non rimanere nel rimuginio del confronto con la persona che eravate, ma di imparare a conoscere e a essere orgogliose della persona che siete diventata.

In questo percorso è importante darsi valore attraverso la consapevolezza di sè e del difficile percorso affrontato, riconoscere le proprie capacità, non giudicarsi, trattarsi con dolcezza.

 

RACCONTARE AL NUOVO PARTNER DELLA MALATTIA

Ma ecco affacciarsi nuove difficoltà legate allo svelarsi all’altro rispetto alla propria storia e nell’intimità. Per molte di voi raccontare la malattia è vissuto come un segreto da confessare al più presto quasi con l’intento di mettere in guardia il partner sulle conseguenze in futuro della patologia pregressa. Questo aspetto è ancor più marcato nelle situazioni in cui è compromessa la fertilità e con il conseguente timore di deludere il desiderio dell’altro di avere un figlio biologico.

amore dopo il tumoreIn questo scenario, se il partner si mostrerà accogliente nell’ascolto, rassicurante e sereno vi permetterà di recuperare e alimentare quel senso di fiducia precedentemente smarrito. Al contrario, cogliere nell’altro reazioni di profondo turbamento e distacco emotivo rischierà di incrementare la sfiducia e il disagio. Per questo è importante dialogare con il partner rispetto alle proprie percezioni e paure.

Il momento in cui vi racconterete all’altro sarà inevitabilmente carico di aspettative. Positive o negative che siano, l’importante è che siano basate sulla realtà e non su fantasie, l’eventuale turbamento del partner può essere accolto e adeguato, non significa necessariamente rifiuto.

Il modo in cui ciascuna di voi affronterà il momento in cui si racconterà al partner e l’esito della comunicazione avrà inevitabilmente un impatto importante sulle emozioni che accompagneranno l’intimità. Più lo spazio emotivo sarà accogliente e più vi consentirà di apprezzare la vicinanza fisica del partner e la condivisione affettiva. La sessualità potrà rappresentare allora un qualcosa da ricercare anziché evitare sull’onda di precedenti vissuti di vergogna e nonostante gli effetti disturbanti dettati dalla menopausa indotta farmacologicamente.

Ottimo sarebbe poter percepire ed esprimere all’altro la storia di malattia come un aspetto della vostra vita, un capitolo al pari di altri momenti di sofferenza che come tale permette di essere contenuto in uno spazio mentale che non prenda il sopravvento su tutto il resto. Una parentesi per l’appunto…

 


Dr.ssa Michela Donini – Psicologa e psicoterapeuta

 

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