Questa è la parentesi tumore di Sara che dopo due cancri, primari entrambi, ha voluto raccontarci attraverso “le lettere a suo padre” cosa è avvenuto dopo la riemersione. Forse, ci dice, si è trasformata in foca, e ha imparato a nuotare nell’acqua gelida. E nell’acqua gelida ha trovato un mondo, fatto di scrittura, di pazzie, di sport, di amore.
L’acqua gelida le ha scatenato la vita: fa gare di equitazione con la sua cavalla, balla come una pin up anni 30, ama come mai avrebbe pensato di fare… un pò di tutto questo tra le righe di una lettera a suo padre
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“CARO PAPA’…”: L’ABBRACCIO PIU’ BELLO
Era il penultimo giorno di dicembre papà, di un anno normale per tanti, graziante per me, orribile per te e la mamma. È stato un istante. Un’istante di fuoco in cui ho compreso cosa fosse l’amore vero.
Il 30 dicembre, intorno alle 8 di sera. Io sul divano, penombra. Ho un vestaglia color grigio perla, sono truccata, orecchini e collana. Alberto, è seduto sulla poltrona in diagonale sulla sinistra rispetto a dove sono seduta io. Gli racconto della mia metastasi, del melanoma, è un racconto di cronaca. Poi gli dico cosa ho scelto di fare. E non è più cronaca.
Scoppio a piangere. Piange anche lui, io disperata, lui disperato. Ci alziamo e ci abbracciamo forte, e lui mi dice “perché ci deve capitare tutto ciò?”.
E’ uno dei momenti più intensamente belli della mia vita papà. E fanculo a tutto il resto, a tutto il mondo. Perché oggi so bene che quanto mi sta accadendo non è una condanna a morte. E’ una condanna alla vita vera, a quella vita che ti mette di fronte ad un sacco di dubbi, perplessità scelte, mai giuste, mai sbagliate.
La morte ha il suo iter, chiaro, sicuro, certo. La vita no, ombre a tratti, sole accecante a sprazzi, freddo e caldo, e tu che devi in qualche modo adattarti. E allora, prendo il meglio, prendo tutto. Prendo tutto ciò che viene, giusto o sbagliato che sia, godo il bene e il male, assaporo.
E l’abbraccio di Alberto oggi, è pura vita. È più intenso di quando mi ha sposata, più sensuale della prima notte di sesso. È semplicemente bello.
“CARO PAPA’…”: HO SCOPERTO IL BURLESQUE!
Papà è colpa del digitale terrestre se mi sono spogliata in pubblico. Davvero, ti faccio vedere il documentario. L’ho fatto per salute! Per salute mentale!
Papà un sacco di donne in Francia lo fanno, a Parigi. Donne che hanno problemi col loro corpo, che devono migliorare l’autostima. Donne che hanno bisogno di uno scossone. L’ho fatto anche io per quello. Io quella notte ho fatto pace con le protesi, le cicatrici, la paura di non essere più vista, l’ho fatto per non sprecarlo quel corpo.
Un sano, intenso, divertente e devastante corso di burlesque e poi 2 minuti di puro folle protagonismo, sulle note di “don’t cry to me”, davanti a un centinaio di persone.
Notte di adrenalina pura. Notte in cui mi sono sentita giusta corretta adeguata, ad ammiccare al pubblico, a togliere pezzo per pezzo tutto ciò che avevo addosso. E sentivo le urla di Alberto, le sue incitazioni, gli “uhhh” delle mie amiche, dei miei amici.
Ero io, Sara, con il suo corpo. Con quel corpo cambiato invaso toccato devastato, ma vero, presente, toccabile, onesto. Sono tornata in camerino e ho vomitato. Sorridente. Mai una vomitata è stata più piacevole.
Non ti ho invitato papà. Non te l’ho mai detto, insieme alla mamma abbiamo voluto evitarti il rischio di un infarto in un locale pubblico. Non lo accetterai mai. Ci sta papà. Lo so. Per te questo è troppo. Ok il cancro, ma la scostumatezza no!
“CARO PAPA’…”: SONO RINATA ATTRAVERSO LA MALATTIA
Esiste un istante in cui ti rendi conto di essere un’altra persona. Diversa da ciò che sei stata per 34 anni. E non lo ricordi nemmeno il passato papà. Ricordi solo il passato remoto. So che questo, forse solo questo, puoi capirlo. Esiste un istante in cui sai che il gioco è irreversibile, ma ha un valore inestimabile.
Il cancro mi ha aperto una fenditura nel corpo e nell’anima. Ma è una roba davvero grossa stavolta. Non è il classico cambiamento, non è il “Sai? Ho lavorato su me stessa”. No. Qui parliamo di altro papà. Qui parliamo di una nuova persona, di una pura rinascita. Non è la vita che cambia, tutto rimane piuttosto simile, ma è come la senti tu la vita, come la ascolti.
Ed è così che dopo 6 interventi, 8 chemio, interferone in vena, port, pic, trombi, eparina, seno, ombelico, tette, milza e linfonodi abbandonati nelle sale operatorie, comprendi che quello che hai passato è stato uno dei momenti più intensamente ricchi, duri e belli della tua vita. Una grazia. Senza cancro papà io non sarei ciò che sono oggi. Non sarei libera di essere me stessa. Mi sento come la nonna, saggia come lei, ma non un corpo da quarantenne, con le esigenze di una giovane donna, e la voglia di vivere di una bambina. Ma papà non è un passaggio facile.
IO E GLI ALTRI…
Tu sai cosa è successo, ma gli altri vedono solo l’involucro. Tolto quello, si aspettano che tu ritorni a essere quella di prima. Tutto deve tornare alla normalità. Un semplice cambio di abito.
Risulti troppo entusiasta, troppo empatica, troppo energica, pazza, eccessiva, esagerata. Risulti troppo maestrina, troppo libera, troppo viva. Ami tutti, ti innamori delle persone come da adolescente ma con la testa di un’adulta. Vuoi condividere e ascoltare. Ti esponi. Risulti affamata di pensieri, idee, fantasie. Rompicoglioni. Ed è così.
Ed è quello il bello, che tu lo sai, sei lucida, razionale, intensa e viva. Hanno ragione tutti. A loro manca solo il pezzo sotto l’involucro. Manca il processo di crescita, che non possono vedere e non vogliono accettare. Manca la consapevolezza della malattia. Ti ammali e muori. O ti ammali e ti riprendi. Tutto linearmente. Manca l’idea che si può morire dentro da sani. E anche rinascere da malati. Che l’evoluzione è vita.
Si accetta solo la nascita come cambiamento. Non la malattia.
A una donna è permesso di cambiare se diventa madre. Non lo si accetta se l’evoluzione passa attraverso la malattia. La mamma ha capito tutto, papà. È l’unica che lo ha fatto. Lei ha compreso il viaggio. E lo ha fatto anche lei quel viaggio, insieme a me. Mi ha messo al mondo, mi ha vista avvicinarmi alla morte, mi soffiava la sua aria quando stavo male, e mi ha vista rinascere. E mi vede nuova. E lo so, le piaccio anche così.
Papà: chi non ha vissuto come me, si è perso tanto.
♥ Grazie Sara